8 🌾Marzo 🌾X 🌾365 🌾 Festa della Donna
AUGURI A TUTTE LE DONNE!
Farò della mia anima uno scrigno per la tua anima – Kahlil Gibran
Farò della mia anima uno scrigno
per la tua anima,
del mio cuore una dimora
per la tua bellezza,
del mio petto un sepolcro
per le tue pene.
Ti amerò come le praterie amano la primavera,
e vivrò in te la vita di un fiore
sotto i raggi del sole.
Canterò il tuo nome come la valle
canta l’eco delle campane;
ascolterò il linguaggio della tua anima
come la spiaggia ascolta
la storia delle onde.
– Kahlil Gibran –
![]() |
Amore e Psiche, Antonio Canova, 1793 Museo del Louvre di Parigi DonnaDonna, non sei soltanto l’opera di Dio, ma anche degli uomini, che sempre ti fanno bella con i loro cuori. I poeti ti tessono una rete con fili di dorate fantasie; i pittori danno alla tua forma sempre nuova immortalità. Il mare dona le sue perle, le miniere il loro oro, i giardini d’estate i loro fiori per adornarti, per coprirti, per renderti sempre più preziosa. Il desiderio del cuore degli uomini ha steso la sua gloria sulla tua giovinezza. Per metà sei donna, e per metà sei sogno. – Rabindranath Tagore –
– Anna Achmatova – Donne, donne, donne mamme, figlie o nonne mogli, zie o cugine: tutte assai carine! Sorelle, amiche, cognate superimpegnate, attive e divertenti belle e avvenenti! Maestre, madri o spose frizzanti e spiritose affabili e gioiose: vi offro le mimose! Con pantaloni o gonne donne, donne, donne! – Jolanda Restano – |
Buona giornata a tutti. 🙂
W le Donne sopratutto le mie “ISA & Giulia”
POESIE IN VETRINA : NIGEL
compagna,
fidato approdo,
consolazione e affetto.
Negli occhi il cielo,
nel cuore il coraggio
e fra le dita un fiore.
Guardi in faccia la vita
e non arretri
di fronte alle avversità.
Dispensiera di gioia,
tu conosci l’attesa,
la rinuncia, la pena
e sai piangere in silenzio.
Qualunque sia il colore
della tua pelle
e la terra natia,
sei una creatura eletta,
un simbolo celeste,
pure se spesso
la tua dignità
è calpestata
dalla rozzezza umana,
per cui, a nome del mondo,
ti chiedo io scusa.
Dedicato alla Donna:
*******************************************************************
8 Marzo 2013 | Per voi tutte, | amiche di blogger (estateincantata) |
Cara donna ti auguro……
…ti auguro di non tradire mai te stessa, perché lontana dalla tua verità l’esistenza perde di senso
…ti auguro di credere sempre nell’amore, perché se dici “basta” dentro di te qualcosa muore
…ti auguro di non dimenticare mai gli altri, anche se la vita è difficile, perché ciascuno di loro è un pezzetto di te stessa
…ti auguro di continuare a ridere, ballare, saltare, cantare anche… se non ce n’è motivo, anche se le giornate sono piene di problemi, perché senza la gioia la vita diventa piatta e grigia
…ti auguro di guardare il mondo attraverso il contatto con la tua interiorità, perché solo così puoi vedere la realtà nella sua essenza
… ti auguro di lasciare spazio nel tuo cuore per il perdono, perché senza di esso si trasforma in pietra
… ti auguro di mantenere sempre la porta aperta alla passione, per vivere con intensità ogni piccola cosa
… ti auguro di portare sempre con te il rispetto, perché senza di esso è facile calpestare chi ci è vicino
… ti auguro di amare gli altri ma di non dimenticarti che anche tu meriti amore
… ti auguro di toccare le corde della spiritualità e di suonarle nella tua vita
… ti auguro di essere sempre te stessa, di seguire la voce della tua anima… perché lontana da essa la vita perde colore.
W le Donne sopratutto le mie “ISA & Giulia”
che poi Dio conta le sue lacrime!
La donna è uscita dalla costola dell’uomo …
e dal lato del cuore per essere Amata”.
![]() |
Sharbat Gula |
![]() |
Afghan Girl by Steve McCurrySharbat Gula (born ca. 1972)
is an Afghan woman who was the subject of a famous photograph by journalist Steve McCurry. Gula was living as a refugee in Pakistan during the time of the Soviet occupation of Afghanistan when she was photographed. The image brought her recognition when it was featured on the cover of the June 1985 issue of National Geographic Magazine at a time when s he was approximately 12 years old. «Se tu conoscessi il dono di Dio»
(Gv 4, 10),
«Se tu conoscessi il dono di Dio»
dice Gesù alla Samaritana durante uno di quei mirabili colloqui che mostrano quanta stima egli abbia per la dignità di ogni donna e per la vocazione che le consente di partecipare alla sua missione di Messia. Vocazione all’amore
Quando diciamo che la donna è colei che riceve amore
per amare a sua volta, non intendiamo solo o innanzitutto lo specifico
rapporto sponsale del matrimonio. Intendiamo qualcosa di più universale,
fondato sul fatto stesso di essere donna nell’insieme delle relazioni interpersonali,
che nei modi più diversi strutturano la convivenza
e la collaborazione tra le persone, uomini e donne. In questo contesto, ampio e diversificato,
la donna rappresenta un valore particolare come persona umana e, nello stesso tempo,
come quella persona concreta, per il fatto della sua femminilità.
Questo riguarda tutte le donne e ciascuna di esse,
indipendentemente dal contesto culturale
in cui ciascuna si trova e dalle sue caratteristiche spirituali,
psichiche e corporali, come, ad esempio, l’età, l’istruzione, la salute,
il lavoro, l’essere sposata o nubile.. (Mulieris Dignitatem – Giovanni Paolo II)
Promemoria
A voi, donne del mondo intero,
il mio saluto più cordiale!
::::::::::::::::::::::::::::: Con la mia Benedizione.
Dal Vaticano, 29 giugno 1995,
Solennità dei Santi Pietro e Paolo
|
Donne
Io sono tutto l’amore che ho dato
tutto l’amore incondizionato
l’imbarazzo dietro al vanto un sorriso dentro al pianto
Io sono tutto l’amore che ho dato
mare in tempesta e cielo stellato
poco prima di uno schianto un sorriso dentro al pianto
https://anothersea.wordpress.com/2021/02/11/donne-3/

L’occhio guarda, per questo è fondamentale.
È l’unico che può accorgersi della bellezza.
La visione può essere simmetrica lineare o parallela in perfetto affiancamento con l’orizzonte. Ma può essere anche asimmetrica, sghemba, capricciosa, non importa, perché la bellezza può passare per le più strane vie, anche quelle non codificate dal senso comune. E dunque la bellezza si vede perché è viva e quindi reale. Diciamo meglio che può capitare di vederla. Dipende da dove si svela. Ma che certe volte si sveli non c’è dubbio […].
Il problema è avere occhi e non saper vedere, non guardare le cose che accadono, nemmeno l’ordito minimo della realtà. Occhi chiusi. Occhi che non vedono più. Che non sono più curiosi. Che non si aspettano che accada più niente. Forse perché non credono che la bellezza esista.
Ma sul deserto delle nostre strade Lei passa, rompendo il finito limite e riempiendo i nostri occhi di infinito desiderio.
Pasolini

Ero una sposa e una madre felice «Quando venni ricoverata per la prima volta in manicomio, ero poco più di una bambina, avevo sì due figlie e qualche esperienza alle spalle, ma il mio animo era rimasto semplice, pulito, in attesa che qualche cosa di bello si configurasse al mio orizzonte; del resto, ero poeta e trascorrevo il mio tempo tra le cure delle mie figlie e il dare ripetizione a qualche alunno, e molti ne avevo che venivano e rallegravano la mia casa con la loro presenza e le loro grida gioiose. Insomma, ero una sposa e una madre felice, anche se talvolta davo segni di stanchezza e mi si intorpidiva la mente. Provai a parlare di queste cose a mio marito, ma lui non fece cenno di comprenderle e così il mio esaurimento si aggravò e, morendo mia madre, alla quale io tenevo sommamente, le cose andarono di male in peggio, tanto che un giorno, esasperata dall’immenso lavoro e dalla continua povertà e poi, chissà, in preda ai fumi del male, diedi in escandescenze e mio marito non trovò di meglio che chiamare un’ambulanza, non prevedendo certo che mi avrebbero portata in manicomio.Fu lì che credetti di impazzire Ma allora le leggi erano precise e stava di fatto che ancora nel 1965 la donna era soggetta all’uomo e che l’uomo poteva prendere delle decisioni per ciò che riguardava il suo avvenire.Fui quindi internata a mia insaputa, e io nemmeno sapevo dell’esistenza degli ospedali psichiatrici perché non li avevo mai veduti, ma quando mi ci trovai nel mezzo credo che impazzii sul momento stesso: mi resi conto di essere entrata in un labirinto dal quale avrei fatto molta fatica a uscire.Mi ribellai. E fu molto peggio La sera vennero abbassate le sbarre di protezione e si produsse un caos infernale. Dai miei visceri partì un urlo lancinante, una invocazione spasmodica diretta ai miei figli e mi misi a urlare e a calciare con tutta la forza che avevo dentro, con il risultato che fui legata e martellata di iniezioni calmanti. Non era forse la mia una ribellione umana? Non chiedevo io di entrare nel mondo che mi apparteneva? Perché quella ribellione fu scambiata per un atto di insubordinazione? Un po’ per l’effetto delle medicine e un po’ per il grave shock che avevo subito, rimasi in istato di coma per tre giorni e avvertivo solo qualche voce, ma la paura era scomparsa e mi sentivo rassegnata alla morte. Quella scarica senza anestesia Dopo qualche giorno, mio marito venne a prendermi, ma io non volli seguirlo. Avevo imparato a risconoscere in lui un nemico e poi ero così debole e confusa che a casa non avrei potuto far nulla. E quella dissero che era stata una mia seconda scelta, scelta che pagai con dieci anni di coercitiva punizione. Il manicomio era sempre saturo di fortissimi odori. Molta gente addirittura orinava e defecava per terra. Dappertutto era il finimondo. Gente che si strappava i capelli, gente che si lacerava le vesti o che cantava sconce canzoni. Noi sole, io e la Z., sedevamo su di una pancaccia bassa, con le mani raccolte in grembo, gli occhi fissi e rassegnati e in cuore una folle paura di diventare come quelle là. In quel manicomio esistevano gli orrori degli elettroshock. Ogni tanto ci assiepavano dentro una stanza e ci facevano quelle orribili fatture. Io le chiamavo fatture perché non servivano che ad abbrutire il nostro spirito e le nostre menti. La stanzetta degli elettroshock era una stanzetta quanto mai angusta e terribile; e più terribile ancora era l’anticamera, dove ci preparavano per il triste evento. Ci facevano una premorfina, e poi ci davano del curaro, perché gli arti non prendessero ad agitarsi in modo sproporzionato durante la scarica elettrica. L’attesa era angosciosa. Molte piangevano. Qualcuna orinava per terra. Una volta arrivai a prendere la caposala per la gola, a nome di tutte le mie compagne. Il risultato fu che fui sottoposta all’elettroshock per prima, e senza anestesia preliminare, di modo che sentii ogni cosa. E ancora ne conservo l’atroce ricordo».Alda Merini
"Mi piace""Mi piace"
Bella pagina. Grazie. Isabella
"Mi piace""Mi piace"