
La risposta è proprio lì, nella complessità.
L’ho scritto in «Tokyo tutto l’anno» …
«Sono arrivata a Tōkyō che avevo poco piú di vent’anni. Sono partita da Roma con una immensa valigia color ciliegia, una laurea in Lettere e mia sorella a scortarmi all’aeroporto. Dovevo restare un anno. Ne sono passati quindici. Sono ancora qui.
Da bambina non leggevo manga, non guardavo gli anime alla tv. Anche pensando a un viaggio lontano, il Giappone non mi sarebbe mai venuto in mente. Non fu il paese a farmi innamorare, né fu un giapponese in particolare. Fu invece il giapponese, la lingua. Cercavo informazioni per regalare un corso di lingua al ragazzo che allora frequentavo, lui sí appassionato di tutto quanto avesse a che fare col Giappone. Quando vidi quei segni che si affollavano sullo schermo, scorrendo dall’alto in basso, da destra a sinistra, fu un colpo di fulmine. Per temperamento ho sempre amato la complessità, misurarmi con qualcosa che non accetta di aprirsi al primo incontro.»
🎐 Ed ecco che, dopo una falsa partenza dovuta a un problema di produzione, il Corriere della Sera porterà in edicola dal 20 gennaio «Tokyo tutto l’anno» @einaudieditore
Prenotate una copia dal vostro edicolante!
🌱 Giorni pieni zeppi. Un giorno potrò dire di cosa ma per ora nuoto in questa cosa.
VOI COME STATE?
📷 Scatto dal bellissimo profilo di Noriyuki Kajiwara @kaji_nori06 ←