✨Come altro chiamarla se non magia?”✨⛩ La chiamo magia ma in realtà non so cosa sia.⛩

di: Laura Imai Messina

Era lì, anche oggi, quando ho fermato i passi sul bordo del lago di Akan 阿寒湖, ho infilato le dita tra i sassi e ne ho raccolti di piatti e leggeri. C’era d’un tratto, accanto a me e ai bimbi, mio padre: li faceva saltellare fino a cinque o sei volte sul pelo dell’acqua come mi mostrava da bambina. Tutti e quattro ridevamo insieme.
È accaduto più tardi, quando nel fitto del bosco è apparso un daino, il suo sguardo che ci ha raccontato di questo giorno il respiro lentissimo e concentrato.
Ho rivisto mio padre nei giochi di Emilio, che è ancora bambino e con il nonno sarebbe andato talmente d’accordo.

Poi, nella notte, quella sensazione di vita ulteriore quando mi sono svegliata, mi sono alzata e sono andata alla finestra: tutto era nebbia e solo nell’alba, con la conta diminuita delle stelle e della luna, è tornata la montagna. Per mezz’ora, i futon alle spalle in cui dormivano tutti, io dove ero finita?
Quella stessa magia era anche nello sguardo duro d’un uomo seduto all’ingresso di un negozio e che ho ritrovato in una fotografia. Mi sono accorta di lui solo dopo.
E di nuovo adesso, mentre attendo di salire sull’ennesimo autobus, di travasare tutte le emozioni di cui sono fatta in un altro pezzo di Hokkaidō, e penso che aveva ragione la danzatrice Motofuji Akiko (1928- 2003), di cui ho scritto in «Wa, la via giapponese all’armonia» che le divinità, dio, o chi per loro sono nella terra.
«Paragonando il balletto e la danza moderna in cui “si cerca di elevare il corpo, di allungarlo verso il cielo perché in alto c’è Dio”, Motofuji Akiko spiegava che il būto si sviluppa invece su uno stile calmo, che pesa sul mondo, tanto che pare un ritorno alla terra, lì dove dimorano le divinità e gli antenati.
“Noi giapponesi, – diceva – avendo i nostri antenati sepolti sotto terra, calpestiamo il suolo con attenzione ed è forse l’atteggiamento di rispetto verso la terra a creare il peculiare senso estetico giapponese. Per questo guardando il būto si notano sempre la lentezza e la delicatezza con cui si muovono le gambe. Questo accade perché per noi Dio è sotto i nostri piedi”.»
Come altro chiamarla se non magia? www.lauraimaimessina.com
“Poi, nella notte, quella sensazione di vita ulteriore quando mi sono svegliata, mi sono alzata e sono andata alla finestra: tutto era nebbia e solo nell’alba, con la conta diminuita delle stelle e della luna, è tornata la montagna.”
È accaduto più tardi, quando nel fitto del bosco è apparso un daino, il suo sguardo che ci ha raccontato di questo giorno il respiro lentissimo e concentrato.
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