“La pioggia sparge i petali del susino; / un pianto macchia la terra.Possiamo solo cercare riparo / e attendere la schiarita”

PENTECOSTE. Anno B
Gv 15, 26-27; 16, 12-15

Dentro la parte più intima di noi è presente una voce che ci ricorda, attraverso il ritmo del respiro, la nostra verità più profonda, pronunciando così il nostro vero nome.
Questo soffio, il medesimo che aleggiava sulla terra ai primordi della creazione, ora attraversa il mio sangue, la mia carne, come “aria dei miei polmoni e anima dell’anima mia” (Julien Green).
Ciò cui siamo chiamati come creature spirituali è semplicemente non ostacolarlo, non opporgli resistenza. Senza cercare di dirigerlo, lasciarlo semplicemente fluire, assecondandolo, lui che come il vento ‘soffia dove vuole’ (Gv 3, 8).
Accoglierlo, mettendo da parte i propri desideri, gli attaccamenti, i pregiudizi nei confronti della realtà e vivendo fino in fondo il momento presente.
Più lo spazio è vuoto più il vento può circolare.
E se il momento presente conosce difficoltà, e la pioggia e il pianto spargono a terra petali e macchiano la terra, rimaniamo al riparo di questo soffio, certi che – come nella prima notte della creazione – qualcosa sta già emergendo dal buio: la luce!
Scquizzato Paolo

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