“Tante volte un ostacolo è solo un messaggio che la vita ti dà. Devi trovare un’altra strada, ma non vuol dire che non puoi arrivare a destinazione.”

🌌Auguri Buon 🌌Compleanno🌌

✨🌅✨LA PIANTAGIONE PREFERITA🌌⛩️🌌

Vangelo di domenica 28 aprile 2024

 Giovanni 15, 1 – 8 

Commento di fra Ermes Ronchi

LA PIANTAGIONE PREFERITA

Per il vangelo la santità non risiede nella perfezione, ma nella fecondità. Potare non è sinonimo di amputare ma di dare vita, e togliere il superfluo equivale a fare molto frutto.


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28 aprile 24 – V di Pasqua

Gv 15,1-8

La bibbia è un libro pieno di olivi, di fichi e di viti. Pieno di uomini di cui Dio si prende cura e dai quali riceve un vino di gioia. Con le parole di oggi Gesù ci comunica Dio, cose da capogiro, attraverso lo specchio delle creature più semplici.
Ci porta a scuola in un vigneto, a lezione dalla sapienza della vite e da un Dio contadino, profumato di sole e di terra.

All’inizio della primavera mio padre mi portava nella vigna dietro casa. Sui tralci potati affiorava, in punta, una goccia di linfa che tremava e luccicava al vento di marzo. E mi diceva: guarda, è la vite che va in amore!
C’è un amore che muove il sole e le altre stelle, che ascende lungo i ceppi di tutte le viti del mondo, e l’ho visto aprire esistenze che sembravano finite, far ripartire famiglie che sembravano distrutte. E perfino le mie spine ha fatto rifiorire.
Dobbiamo salvare la linfa di Dio, il cromosoma divino in noi.

Che Dio sia descritto come creatore non ci sorprende, l’abbiamo sentito. Ma Gesù afferma oggi una cosa mai udita prima: io sono la vite, voi i tralci. Io e voi la stessa cosa! Stesso tronco, stessa vita, unica radice, una sola linfa.
E mentre nei profeti antichi Dio appariva piantatore, coltivatore, vendemmiatore, ma sempre altro rispetto alle viti, oggi ascoltiamo una parola inaudita: Dio e io siamo la stessa vite; lui tronco, io tralcio; lui mare, io onda; lui fuoco, io fiamma. Il creatore si è fatto creatura. Dio è in me, non come padrone, ma come linfa vitale. E’ in me, per meglio prendersi cura di me.

Rimanete in me e io in voi. Non è da conquistare l’unione con Dio, è cosa di cui prendere consapevolezza: siamo già in Dio, ci avvolge con il suo affetto, lo respiri, lo urti! E Dio è in noi, è qui, è dentro, scorre nelle vene della vita. Dio che vivi in me, nonostante tutte le distrazioni e i miei inverni, e tutte le forze che ci trascinano via. Ma via da lui non c’è niente.

Questa comunione precede ogni liturgia, è energia che sale, cromosoma divino che scorre in noi.
Ed ogni tralcio che porta frutto, egli lo pota perché porti più frutto.
Il grande e coraggioso dono della potatura! Potare non è sinonimo di amputare ma di dare vita, ogni contadino lo sa. Togliere il superfluo equivale a fare molto frutto.

Il filo d’oro che cuce il brano e illumina ogni dettaglio è “frutto”. Sei volte viene ribadito ribadisce, perché sia ben chiaro: il vangelo sogna mani di vendemmia e non mani perfette, magari pulite ma vuote, che non si sono volute mischiare con la materia incandescente e macchiante della vita.
Per il vangelo la santità non risiede nella perfezione ma nella fecondità. Dov’è mai questa perfezione nei discepoli di Gesù, pronti alla fuga e alla bugia, duri a capire…

La morale evangelica ha la colonna sonora delle canzoni della vendemmia, di una festa sull’aia; sogna fecondità e non osservanze. Più generosità, più pace, più coraggio.
E mi piace tanto il Dio di Gesù, che si affatica attorno a me perché io porti frutto, che non impugna lo scettro ma la zappa, non siede sul trono ma sul muretto della vigna. A contemplarmi, con occhi belli di speranza.

Buongiorno con Rumi

Nella generosità e nell’aiuto degli altri sii come un fiume. Nella compassione e nella grazia sii come il sole. Nel nascondere le mancanze altrui sii come la notte. Nell’ira e nella furia sii come la morte. Nella modestia e nell’umiltà sii come la terra. Nella tolleranza sii come il mare. […]

Buongiorno con Rumi

I 50 anni di carriera di Branduardi

✨🌌✨

Angelo Branduardi, il menestrello della canzone italiana arriva a festeggiare i cinquant’anni di carriera. Quale miglior occasione per ripubblicare Alla fiera dell’est nella variante doppio album, comprendendo anche la versione in inglese Highdown Fair durante la giornata mondiale del RECORD STORE DAY del 20 Aprile.

Quando Angelo Branduardi esordì nel lontano 1974 il mondo della musica non era così affollato dai cantautori. Agli esordi appariva da solo con la chitarra per suonare prima di qualche gruppo prog rock, per un concerto o nei festival pop. Non è stato facile emergere e farsi notare, ma l’artista ha saputo dimostrare da subito di avere un suo stile che meritava attenzione. Uno stile allora identificato con la musica etnica e folk.

Così, dopo il primo album omonimo del 1974, realizzato con arrangiamenti corposi e produzione da Paul Buckmaster, Angelo Branduardi forma quello che sarà il suo gruppo di lavoro che lo porterà al successo. Un successo che, dopo il secondo album La luna, arriva perentorio e meritato con Alla fiera dell’est, la canzone filastrocca che prende ispirazione da un canto pasquale ebraico.

Un Branduardi che non è più visto solo come un menestrello con chitarra e violino, ma in grado di chiamare attorno a sè un vero gruppo di collaboratori a cominciare da Maurizio Fabrizio alla chitarra e arrangiamenti, Bruno De Filippi al buzuki, sitar e armonica, oltre a Gianni Nocenzi (pianoforte, clarino), Andy Surdi (batteria) e Gigi Cappellotto (basso), insieme alla produzione di David e Dory Zard e la copertina di Cesare e Wanda Monti. Zard crederà in Branduardi fino a portarlo in tour in Europa con la Carovana del Mediterraneo.

L’album Alla fiera dell’est, uscito nel 1976, inizia con l’omonima canzone, quella che conquista al primo ascolto e che resta nel tempo una delle sue più apprezzate, come anche Il dono del cervo, dall’accattivante melodia, ad aprire la seconda facciata. Nel disco primeggiano atmosfere sognanti (La favola degli aironi) e sussurrate (Canzone per Sarah), in omaggio alla figlia, ma anche ballate tipicamente mediterranee (Sotto il tiglio e La serie dei numeri), ed incursioni nella musica prettamente strumentale dove il tema con violino, flauto e chitarra acustica si sviluppa per cinque minuti degli otto totali (Il funerale).

Un disco da riscoprire, apripista di tante produzioni a cui verrà tributato successo nei decenni successivi con il fortunato marchio world music.

cronacatorino.it/cultura-societa/angelo-branduardi-i-50-anni-di-carriera.html

🌄🌈👣🌈Commento al Vangelo Luigi Verdi di Domenica 21/04/24✴️🌌✴️ “𝑃𝑖𝑎𝑛𝑔𝑒𝑛𝑑𝑜 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑜 𝑑𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑢𝑛 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑎 𝐺𝑒𝑠𝑢̀: “𝐴𝑚𝑜 𝑖𝑙 𝑠𝑜𝑙𝑒, 𝑎𝑚𝑜 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒, 𝑎𝑚𝑜 𝐶ℎ𝑖𝑎𝑟𝑎 𝑒 𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑟𝑒𝑙𝑙𝑒, 𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑢𝑜𝑚𝑖𝑛𝑖, 𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑒 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑒. 𝑀𝑖 𝑑𝑒𝑣𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑜𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑏𝑢𝑜𝑛 𝐷𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑡𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑖𝑜 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑒𝑖 𝑎𝑚𝑎𝑟𝑒” 𝑒 𝑖𝑙 𝑆𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒: “𝐶𝑎𝑟𝑜 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑜 𝐼𝑜 𝑎𝑚𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑖 𝑎𝑚𝑖 𝑡𝑢”.

Prenderci cura di tutti,
perché Dio ama ognuno.
http://www.avvenire.it

LeggiAmo

Omelia di Paolo Costa
Domenica 21 Aprile 2024
Prato di Strada (AR)
Ci sono modi diversi per stare in una relazione di amore, di amicizia, di comunione, di comunità; il primo modo è quello superficiale: ci stiamo perché tocca, beviamo insieme, parliamo di calcio, parliamo di politica, parliamo di altre cose meno che di noi. C’è un’altra relazione molto più velenosa che è quella dominata dall’io: io voglio, io faccio, io vedo, io penso, e lì hai solo ragione tu e basta. C’è invece una relazione più profonda che può essere d’amore, d’amicizia, ma anche ci si augura in una comunità dove si costruisce il noi. Insieme marito e moglie costruiscono il noi e diventa qualcosa di molto profondo.
Ebbene oggi nel Vangelo si parla di questo tipo di relazione con l’immagine che il Maestro ci lascia del buon pastore. Il buon pastore dà la vita per le pecore, 𝐢𝐥 𝐛𝐮𝐨𝐧 𝐩𝐚𝐬𝐭𝐨𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐚̀ 𝐥𝐚 𝐬𝐮𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐚𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢; in genere noi, che crediamo, diciamo che il Signore della nostra vita ci dona la vita e ci dona amore. 𝐀𝐥𝐥𝐨𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨𝐜𝐢 𝐨𝐠𝐠𝐢: “𝐂𝐡𝐢 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐒𝐢𝐠𝐧𝐨𝐫𝐞 𝐝𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚?, 𝐌𝐚 𝐬𝐨𝐩𝐫𝐚𝐭𝐭𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞, 𝐧𝐨𝐢 𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐜𝐚𝐩𝐚𝐜𝐢 𝐝𝐢 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐛𝐮𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐚𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢, 𝐝𝐢 𝐚𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐨𝐧𝐝𝐞?”
L’altra parte è il mercenario. Oggi va di moda in giro per il mondo; soprattutto i mercenari sono quelli che fanno la guerra, vengono strapagati per fare la guerra. A quel tempo il Maestro dice che il pastore poteva essere un mercenario. 𝐂𝐡𝐢 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐞𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨? 𝐄’ 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚 𝐬𝐨𝐥𝐨 𝐚 𝐬𝐞́, 𝐩𝐞𝐧𝐬𝐚 𝐚 𝐬𝐚𝐥𝐯𝐚𝐫𝐞 𝐬𝐞 𝐬𝐭𝐞𝐬𝐬𝐨, 𝐚 𝐬𝐟𝐫𝐮𝐭𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢 𝐩𝐞𝐫 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐩𝐫𝐢𝐨 𝐭𝐨𝐫𝐧𝐚𝐜𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐞 𝐪𝐮𝐞𝐬𝐭𝐨 𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐯𝐨𝐥𝐭𝐞 𝐥𝐨 𝐟𝐚𝐜𝐜𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐜𝐨𝐧 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢, 𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐢 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐞𝐧𝐚𝐫𝐢 𝐪𝐮𝐚𝐧𝐝𝐨 𝐚𝐫𝐫𝐢𝐯𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐞 𝐝𝐢𝐬𝐭𝐫𝐮𝐠𝐠𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨, 𝐦𝐚 𝐬𝐭𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐦𝐨𝐥𝐭𝐨 𝐚𝐭𝐭𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐜𝐢 𝐬𝐨𝐧𝐨 𝐢 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐞𝐧𝐚𝐫𝐢 𝐚𝐧𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐢𝐭𝐚̀ 𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐯𝐢𝐭𝐞 𝐝𝐢 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐢. Chi viene e prende il proprio tornaconto, vogliono sentirsi gli applausi, vogliono vedersi i “like” in internet, quindi pensano solo di far bella figura per loro stesso, non al bene della gente, al bene degli altri. 𝐀𝐥𝐥𝐨𝐫𝐚 𝐜𝐡𝐢𝐞𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨𝐜𝐢: 𝐜𝐡𝐢 𝐞̀ 𝐢𝐥 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐞𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐞 𝐯𝐢𝐭𝐞 𝐨 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐮𝐧 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐞𝐧𝐚𝐫𝐢𝐨? 𝐍𝐨𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐬𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐦𝐞𝐫𝐜𝐞𝐧𝐚𝐫𝐢?
Poi arrivano i lupi. I lupi sono le difficoltà, i problemi, gli imprevisti e questi vanno affrontati e superati grazie a chi? Ecco allora che di fronte a queste difficoltà della vita il Maestro ci dà l’immagine del buon pastore; come è questo buon pastore? Cosa ci insegna?
Vi ricordate don Milani? Lui parlava di una parola inglese “I care”. Cosa vuol dire? Vuol dire che mi sta a cuore, mi interessa. Era un po’ l’opposto del “me ne frego” che andava di moda qualche anno fa e rischia di andare di moda ancora. Questo 𝐯𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐥𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐨𝐯𝐞 𝐦𝐢 𝐬𝐭𝐚 𝐚 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞 𝐥’𝐚𝐥𝐭𝐫𝐨 𝐞̀ 𝐪𝐮𝐞𝐥𝐥𝐨 𝐜𝐡𝐞 𝐝𝐢𝐯𝐞𝐧𝐭𝐚 𝐢𝐦𝐩𝐨𝐫𝐭𝐚𝐧𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐜𝐢𝐚𝐬𝐜𝐮𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐧𝐨𝐢. Pensate anche a livello di comunità, ci stanno a cuore tutti, anche quelli che non ci sono, anche quelli che giudichiamo male; non possiamo escludere nessuno, sapete perchè? 𝐏𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐯𝐢𝐭𝐚 𝐜𝐢𝐨̀ 𝐜𝐡𝐞 𝐞𝐬𝐜𝐥𝐮𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐬𝐢 𝐩𝐫𝐞𝐬𝐞𝐧𝐭𝐚, 𝐜𝐞𝐫𝐭𝐞 𝐩𝐞𝐫𝐬𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐜𝐢 𝐯𝐚𝐧𝐧𝐨 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐚 𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐥𝐞 𝐢𝐧𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐢𝐚𝐦𝐨, 𝐩𝐫𝐢𝐦𝐨 𝐨 𝐝𝐨𝐩𝐨 𝐥𝐞 𝐝𝐨𝐛𝐛𝐢𝐚𝐦𝐨 𝐚𝐟𝐟𝐫𝐨𝐧𝐭𝐚𝐫𝐞 𝐞𝐝 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐭𝐚𝐥𝐦𝐞𝐧𝐭𝐞 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐨𝐧𝐝𝐢 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐧𝐨𝐬𝐭𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐝𝐚 𝐬𝐚𝐩𝐞𝐫𝐥𝐢 𝐚𝐜𝐜𝐨𝐠𝐥𝐢𝐞𝐫𝐞, 𝐪𝐮𝐢 𝐬𝐭𝐚 𝐢𝐥 𝐦𝐨𝐝𝐨 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢. 𝐌𝐢 𝐬𝐭𝐚 𝐚 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐩𝐨𝐬𝐬𝐨 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐦𝐞 𝐧𝐞 𝐟𝐫𝐞𝐠𝐨 𝐞 𝐬𝐞 𝐦𝐢 𝐬𝐭𝐚 𝐚 𝐜𝐮𝐨𝐫𝐞 𝐧𝐞 𝐡𝐨 𝐢𝐥 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐮𝐦𝐨 𝐧𝐞 𝐬𝐞𝐧𝐭𝐨 𝐥’𝐨𝐝𝐨𝐫𝐞 come dice Papa Francesco: “Abbiate l’odore delle pecore”.
Se sei vicino a una persona ne senti il profumo, ne senti la bellezza della vita.
Diceva don Milani nel suo testamento scritto ai suoi ragazzi soprattutto a Michele e Francuccio: “Ho voluto più bene a voi che a Dio ma ho speranza che Lui non sia attento a queste sottigliezze e abbia scritto tutto sul suo conto”. Che bello! Mi ricorda un po’ quello che cantavamo anni fa a proposito di San Francesco d’Assisi:
“𝑃𝑖𝑎𝑛𝑔𝑒𝑛𝑑𝑜 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑜 𝑑𝑖𝑠𝑠𝑒 𝑢𝑛 𝑔𝑖𝑜𝑟𝑛𝑜 𝑎 𝐺𝑒𝑠𝑢̀: “𝐴𝑚𝑜 𝑖𝑙 𝑠𝑜𝑙𝑒, 𝑎𝑚𝑜 𝑙𝑒 𝑠𝑡𝑒𝑙𝑙𝑒, 𝑎𝑚𝑜 𝐶ℎ𝑖𝑎𝑟𝑎 𝑒 𝑙𝑒 𝑠𝑜𝑟𝑒𝑙𝑙𝑒, 𝑎𝑚𝑜 𝑖𝑙 𝑐𝑢𝑜𝑟𝑒 𝑑𝑒𝑔𝑙𝑖 𝑢𝑜𝑚𝑖𝑛𝑖, 𝑎𝑚𝑜 𝑡𝑢𝑡𝑡𝑒 𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑒 𝑏𝑒𝑙𝑙𝑒. 𝑀𝑖 𝑑𝑒𝑣𝑖 𝑝𝑒𝑟𝑑𝑜𝑛𝑎𝑟𝑒 𝑏𝑢𝑜𝑛 𝐷𝑖𝑜 𝑝𝑒𝑟𝑐ℎ𝑒́ 𝑡𝑒 𝑠𝑜𝑙𝑜 𝑖𝑜 𝑑𝑜𝑣𝑟𝑒𝑖 𝑎𝑚𝑎𝑟𝑒” 𝑒 𝑖𝑙 𝑆𝑖𝑔𝑛𝑜𝑟𝑒 𝑔𝑙𝑖 𝑟𝑖𝑠𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒: “𝐶𝑎𝑟𝑜 𝐹𝑟𝑎𝑛𝑐𝑒𝑠𝑐𝑜 𝐼𝑜 𝑎𝑚𝑜 𝑞𝑢𝑒𝑙𝑙𝑜 𝑐ℎ𝑒 𝑚𝑖 𝑎𝑚𝑖 𝑡𝑢”.
Ecco, è il messaggio di questa domenica, non pensiamo di cavarcela dicendo tanto amo Dio, prego Dio. Ma gli altri? Che relazioni relazioni vivo con gli altri? Questo è il messaggio che ci lascia Gesù oggi col buon Pastore: 𝐝𝐞𝐜𝐢𝐝𝐢𝐚𝐦𝐨𝐜𝐢 𝐝𝐢 𝐯𝐢𝐯𝐞𝐫𝐞 𝐫𝐞𝐥𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐢 𝐩𝐫𝐨𝐟𝐨𝐧𝐝𝐞, 𝐝𝐨𝐯𝐞 𝐥’𝐚𝐦𝐨𝐫𝐞 𝐞̀ 𝐩𝐫𝐨𝐧𝐭𝐨 𝐚 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐨, 𝐝𝐨𝐯𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐢𝐜𝐨: 𝐚𝐦𝐨 𝐃𝐢𝐨 𝐞 𝐦𝐞 𝐥𝐚 𝐜𝐚𝐯𝐨! 𝐒𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐚𝐦𝐨 𝐢 𝐟𝐫𝐚𝐭𝐞𝐥𝐥𝐢 𝐞 𝐥𝐞 𝐬𝐨𝐫𝐞𝐥𝐥𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐢𝐧𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐨 𝐞 𝐜𝐡𝐢 𝐡𝐨 𝐚𝐜𝐜𝐚𝐧𝐭𝐨, 𝐧𝐨𝐧 𝐬𝐞𝐫𝐯𝐞 𝐝𝐢𝐫𝐞 𝐚𝐦𝐨 𝐃𝐢𝐨 𝐩𝐞𝐫𝐜𝐡𝐞́ 𝐥𝐨 𝐬𝐢 𝐯𝐞𝐝𝐞 𝐝𝐚 𝐜𝐨𝐦𝐞 𝐚𝐦𝐢 𝐠𝐥𝐢 𝐚𝐥𝐭𝐫𝐢.
Che il Signore ci doni veramente di rischiare e di provare relazioni più profonde, più vere e più grandi, altrimenti sarà facile diventare anche noi mercenari e di cadere nella rete dei tanti mercenari che ci sono oggi nella vita.
Paolo Costa
🌌⛩️🌌
Da maggio a ottobre c’è uno spazio speciale per tutte le famiglie: una giornata dedicata a loro con momenti di incontro, di riflessione e di festa, in cui genitori e figli hanno spazi autonomi o condivisi.
La domenica si apre con le lodi delle 11 in Pieve. A seguire gli adulti si incontreranno sul tema della giornata, mentre i bambini avranno un loro spazio e un’adeguata animazione.
Dopo il pranzo, nel pomeriggio, possono essere sviluppate altre attività insieme ai bambini.
19 maggio: CUSTODIRE E COLTIVARE
23 giugno: LA FRAGILITA’
21 luglio: PRENDERSI TEMPO
4 agosto: LA FATICA DELL’AMORE
22 settembre: IMPARARE A PERDONARE
20 ottobre: TORNARE AD INNAMORARSI

Parrocchia dell’Invisibile a Terzelli | Fraternità di Romena

🌄✴️🌌

La proposta di Luca e di Monica, che ora ha trovato casa a Terzelli, a 10 km da Romena, unisce la lettura esistenziale della Bibbia con la bellezza e l’energia degli ambienti naturali. Nasce dalla loro esperienza di viaggio nella Terra del Santo a cui si sono uniti altri viaggiatori dell’anima per costruire insieme una “Parrocchia dell’Invisibile”.
Vengono organizzati corsi, camminate e incontri biblici in varie città italiane. 

Parrocchia dell’Invisibile: leggera e itinerante come una tenda,
aperta e libera come una vela, sospinta dal vento della Parola
per cercatori di luce e di vita.

Per informazioniwww.terradelsanto.it
Luca Buccheri 335 65 05 904 – Monica Rovatti 338 56 49 091 – lucbuc66@gmail.com

www.romena.it/compagni-di-viaggio/parrocchia-dellinvisibile-a-terzelli

🎶✨🌌Disarmato Amore🎼🎵🎶🌈




Vangelo di domenica 21 aprile 2024

 Giovanni 10, 11 – 18 

 
Commento di fra Ermes Ronchi 
DISARMATO AMORE


Che cosa ha rivelato Gesù ai suoi? Non una dottrina, ma il racconto della tenerezza ostinata e mai arresa di Dio. E di questo Dio io mi fido, a lui mi affido.

21 aprile 24 – IV di Pasqua

Io sono il pastore buono: il titolo più disarmante e disarmato che Gesù dà a se stesso. Eppure pieno di coraggio, contro lupi e predatori.
In che cosa consiste la sua bontà? Nell’essere pastore mite, gentile, paziente, delicato? No, per ben 5 volte il vangelo oggi lo spiega con il gesto di dare, offrire, donare, porre in gioco la propria vita.
Il lavoro di Dio è offrire vita, alimentare la vita del gregge. Un Dio pastore che non chiede, ma offre; che non prende niente e dona tutto; non toglie vita, offre la sua anche a coloro che gliela tolgono. Questo è il comando che ho ricevuto dal Padre. Non un comando ma “il” comando, l’unico, l’essenziale.
Io sono il pastore bello, dice il testo originario. E noi capiamo che ‘bellezza’ è un nome di Dio; non estetica ma forza di seduzione; forza che crea ogni comunione.
«Il mercenario vede venire il lupo e fugge perché non gli importa delle pecore».
Al pecoraio salariato Gesù oppone parole che amo e che sorreggono la mia fede: “a me, pastore vero, le pecore importano, tutte, l’una e le novantanove”.
A ciascuno ripete: tu mi importi. Verbo bellissimo: importare, essere importanti per Dio!
Signore, non ti importa che moriamo? Gridano li apostoli spaventati dalla tempesta. E il Signore risponde placando il mare, sgridando il vento, per dire: Sì, mi importa di te, mi importa la tua vita, tu sei importante. Non temere!
Lo ripete a ciascuno: mi importano i passeri del cielo ma tu vali di più. Mi importano i gigli del campo ma tu conti più di tutti i gigli del mondo.
Ti ho contato i capelli in capo, e tutta la paura che ti oscura il cuore.
Per te do la mia vita. E non so domandare migliore avventura.
A questo ci aggrappiamo, anche quando non capiamo, soffrendo per l’assenza di Dio, o turbati per il suo silenzio.
Il comandamento che impariamo dal pastore bello è che la vita è dono. “Dare vita” significa contagiare d’amore, libertà e coraggio chi avvicini, di vitalità ed energia chi incontri. Significa trasmettere le cose che ti fanno vivere, che fanno lieta, generosa e forte la tua vita, bella la tua fede, contagiosi i motivi della tua gioia.
Se non dai vita attorno a te, entri nella malattia. Se non dai amore, un’ombra invecchia il cuore.
Che cosa ha rivelato Gesù ai suoi? Non una dottrina, ma il racconto della tenerezza ostinata e mai arresa di Dio. E di questo Dio io mi fido, a lui mi affido, credo in lui come un bambino, mi metto nelle sue mani e gli affido tutti gli agnellini del mondo.
Nel fazzoletto di terra che abitiamo, anche noi, pastori tutti di un pur minimo gregge, siamo chiamati a diventare racconto della tenerezza di Dio, della sua combattiva tenerezza.
blog.smariadelcengio.it/

🌅SE TU SAPESSI✨✨✨

Se tu sapessi con quanto amore seguo i tuoi passi.
Se tu sapessi con quanto amore asciugo le tue lacrime.
Se tu sapessi con quanto amore ti prendo per mano affinché tu non cada.
Se tu sapessi con quanto amore ti guardo
mentre annaspi nel caos della vita
e ogni istante, minuto, ora della giornata ti sono accanto.
In ogni tuo respiro prende vita il mio battito d’ali
In ogni tuo sguardo prende vita il mio sorriso.
Vorrei volare assieme a te,
e forse un giorno lo faremo quando sarai consapevole della tua divinità
aprirai le ali e volerai felice capirai cosa sono, e quanto ti amo.
Ora non volo ma cammino assieme a te a fianco a te.
Io sono il tuo angelo quello della tua anima, del tuo cuore
quell’angelo che ogni mattina ti sveglia con un bacio
e ogni notte, apre le sue ali per riscaldarti il cuore.
Io sono il tuo angelo, quello che mai ti abbandonerà
quell’angelo che aspetta solo un tuo… si… per rivelarsi al tuo cuore.
Se tu sapessi con quanto amore guardo il tuo sguardo che a volte è così triste
e non ce la fa a vedere la luce.
Se tu sapessi con quanto amore stringo al tua mano
quando scrivi parole che non riesci a condividere
se tu sapessi con quanta gioia mi stringo al tuo cuore quando regali un sorriso.
Se tu sapessi… che ti sono accanto sempre in ogni stante
e maggiormente nei momenti difficili.
Raccolgo i ricordi più belli che a volte tendi a dimenticare
raccolgo l’amore seppellito nel tuo cuore e te lo ripropongo
attraverso gli incontri casuali attraverso
il tuo stesso sguardo riflesso su di uno specchio.
Se solo sapessi quanto soffro insieme a te dell’amaro della vita
Vorrei accarezzarti con mani di carne…
ma lo sussurro a chi ti sta accanto…
vorrei dirti le parole più vere dell’amore,
ma lo suggerisco a chi ti regala una parola.
Vorrei vederti raccogliere tutto l’amore che semini
per sentirti soddisfatto della tua vita ma come ogni cosa…
il tempo lascerà crescere il frutto che tu stesso hai fatto nascere.
Gioisci perché attraverso le tue mani io regalo l’amore
a chi ha la fortuna di incontrarti.
Tu non lo sai forse ma io sono il tuo angelo…
quello che mai ti abbandonerà e che è qui solo per te
e grazie a te può amare il mondo.
₪ Paul Claudel

⛩️«節 setsu o i nodi del bambù»⛩️


«節 setsu o i nodi del bambù»
節 è setsu, il «passaggio» e il «periodo», ma è anche – a seconda della lettura dell’ideogramma – fushi, l’«articolazione», la «giuntura», il «nodo».
Basta aggiungervi accanto il carattere di me 目 ovvero «occhio» perché si trasformi in fushime 節目, nel «punto di svolta», in quello snodo che determina il cammino, la via (michi), la crescita di un albero, lo sviluppo della psiche di un bambino.
I giapponesi sono soliti spiegare questo concetto con il bambù, con l’immagine dei nodi che si creano di sezione in sezione e sostengono, del suo fusto cavo e legnoso, l’allungarsi solido e ritto verso il cielo. Esso simboleggia una crescita che inizia da un nodo e in un nodo finisce.
Così sono le fasi della vita, e a ogni svolta si ripropone la possibilità di irrobustirsi. Per questo, nel pensiero giapponese, ogni periodo dell’esistenza risulta necessario e va affrontato al meglio. Ognuno si congiunge a quello successivo e tsunagari 繋がり, ovvero il «collegamento», preserva dalla fine improvvisa, previene l’incrinarsi di wa 和, l’armonia.
Ci sono persone che queste fasi di svolta le vivono a vent’anni, altre che le vivono ininterrottamente, dall’adolescenza alla maturità. Altre ancora che vi passano attraverso incolumi e ignorano nel profondo quanta fortuna serva perché accada di non essere che sfiorati dalla tempesta. Ma poi, si tratta davvero di fortuna?
«Se oggi scappi, – avvertiva il mangaka Koyano Takao – domani avrai bisogno di ancora più coraggio». Spesso si ha una insensata, benché naturale, paura di soffrire. Ci si dimentica che anche il dolore serve a creare nodi di bambù, che esso costituisce parte di ogni setsu. Basta non lasciarsi incattivire dai dispiaceri e portare a termine, con caparbietà, ogni sezione del percorso.
da «Wa, la via giapponese all’armonia» @tea.libri
📷 Scatti (Ufficio del turismo di Mitoyo) dei luoghi del nuovo romanzo, che mi prende ogni minuto residuo di tempo. Domenica di caffè, baseball, calcio e cartoni animati sul divano.
Cose così 🥰
>>> 14/04/24
A riguardarle, penso sempre che cadano nella classificazione del «semplice quotidiano», in ritagli di paesaggio, in «cibi che, nell’immaginarli, sono durati a lungo», in momenti che stanno passando e io ne avverto già il sentimento.
Le mie fotografie paiono rientrare in queste tre, quattro unità. Hanno a che fare anche con libri e, quando non c’entrano con gli oggetti di carta, vi tornano in forma di racconti che un giorno diventeranno scene di libri.
«Oggi ritengo che il punto di vista di scrittori e aspiranti pittori sia molto simile a quello dei pionieri del collezionismo che cominciavano la loro attività in quel vuoto totale. Nonostante tutta la retorica sulla storia e la memoria, i primi collezionisti non erano spinti dal desiderio di preservare le vestigia del passato, ma dall’esigenza di crearsi un’identità e, quindi, un nuovo futuro.»
Lo scriveva O. Pamuck ne «L’innocenza degli oggetti» e io penso che l’identità e il futuro sia ciò cui tendono anche i nostri archivi fotografici sul cellulare.
Nel mio è un cielo montato a neve, pioggia che si approssimava a buttare i petali dei ciliegi a terra, è una crème brulé che esisteva unicamente nell’istante in cui andava in frantumi la crosta; è Sōsuke che al caffè trova un libro illustrato di @miyakoshi_akiko e lo legge a voce alta, è Emilio che allunga un dito per capire cosa sia qualcosa di bello che trova per strada; è la primavera che esplode davanti all’ingresso di una casa e svela la forza della vegetazione e la sparizione di una famiglia, è la città che si sviluppa in altezza e annincia che la montagna si è svegliata.
Buongiorno da qui, da una giornata lenta lenta
♥️
14/04/24

Bisogna essere forti per permettersi di essere infinitamente dolci ed essere saggi per permettersi di essere folli.

C’era una volta…
la Pieve di Romena
L’amore ha bisogno di tempo per maturare, come una pianta deve saper resistere con pazienza nelle piogge d’autunno e stare serena nelle tempeste di primavera.
Come una pianta, il tempo renderà l’amore umiltà e dolcezza.
Non dipende solo dalla pigrizia se le relazioni umane si ripetono così monotone e senza novità, ma dalla paura del nuovo e dell’imprevedibile che l’amore richiede, dal non lasciare uno spazio aperto che divenga un luogo non solo per accogliere l’altro, ma per la relazione con lui.
Uno spazio dov’è consentito deporre le armi, rilassarsi e incontrarsi.
L’amore oltre le parole ha bisogno di gesti e sincerità.
I gesti dell’amore sono fatti di piccole attenzioni quotidiane, della sorpresa del cuore quando i passi di chi ami si avvicinano, di sguardi che allontanano le tenebre e proteggono l’amore. Sono fatti di dettagli che nascono dal vicendevole servirsi, dall’intimità, dal respiro e dal parlare della pelle.
La sincerità dell’amore deve essere tanto umile da lasciarsi guardare nella verità e tanto misericordiosa da vedere senza condannare, perché l’amore deve essere sincero più che perfetto.
Non sopporto l’amore che si gonfia di orgoglio o si consuma in una generosità invadente. L’amore vero è discreto e delicato, rispettoso delle ferite e delle emozioni.
Mi piace chi ama una persona senza chiedersi da dove viene e verso dove va, sentendo che solo con spirito puro e libero può camminare con lui.
L’amore non lega, ma libera. L’altro non è la tua metà, né complementare a te, è un’identità che si realizza solo nel rispetto della diversità, nel permettere all’altro di restare di carne, vivo e senza trasformarlo in quel che tu vorresti.
La gelosia, l’ansia e l’intransigenza che nascono nell’amore sono figlie di una paura che non sa vedere l’altro nella sua essenzialità e verità, nella sua luce ed ombra.
Nascono dal non sapere scrutare i segreti del cuore, da un amore che non ha la forza di aiutarci a vivere, a morire, e soprattutto a rinascere di nuovo.
Don Luigi Verdi
Romena

L’amore ha bisogno di tempo per maturare…

Bisogna essere forti per permettersi di essere infinitamente dolci ed essere saggi per permettersi di essere folli.